Berlusconi si è
arreso ad Alfano, il vecchio ha ceduto il passo al giovane e volendo si
potrebbero mettere in fila chilometri di metafore imbarazzanti sui delfini e
gli adolescenti con le chiavi di casa e altre infinite banalità. La linea
politica degli strenui difensori del nostro anziano eroe ha perso; la battaglia
corpo a corpo delle pitonesse e dei falchi contro i mulini a vento degli ostili
al capo sembra essersi esaurita in un niente, o meglio in poche frasi del capo
stesso, che in due minuti scarsi, come a volersi togliere il prima possibile
dall’impaccio, dal basso del suo scranno si rimangia tutti gli attacchi, gli sproloqui e le
manifestazioni un po’ paranoiche dei giorni scorsi e si decide a sostenere
Letta. Si sarà accorto che la sua vera fine politica sarebbe stata causata da una
odierna sconfitta numerica. Meglio evitare uno scontro frontale se ci si
riconosce più deboli del nemico interno, meglio rientrare nei ranghi e
aspettare.
Però si ascolta un
discorso di Letta che ammicca alla destra, e pure al suo vecchio leader azzoppato, che quasi quasi gli diventa
complice, sottintende vicinanza, che di irricevibile e non-votabile dal beneamato Caimano non ha proprio niente. Anzi, si
ascolta un discorso retorico e farcito di una morale fuori luogo, di nomi fuori
luogo, altisonanti, troppo, rispetto al momento di oggi, come a volerne
sopravvalutare la gravità. Sarà per la convinzione di essere investito da un
compito tanto sovrumano, che Letta presenta se stesso come l’uomo in grado di
restituire all’Italia una grandezza che, pur essendo stata la nostra storica
ossessione, non abbiamo mai avuto. E per questa convinzione Letta si sente
unico responsabile, unico salvatore ed ha acquisito una fiducia nella propria
capacità politica che fino a cinque mesi fa sembrava impensabile. Sarà per
questo motivo che rivendica con fierezza le borse di studio per i conservatori
e tace candidamente sugli inutili battibecchi sull’IMU, sul macroscopico
problema dell’aumento dell’IVA, sulla triste latitanza di un vero dibattito
parlamentare sulla legge elettorale...
E così traspare
finalmente in modo netto, dalle parole di Letta, dalle sue incrollabili certezze, che il governo che era stato
presentato qualche mese fa come temporanea soluzione ad un irrisolvibile e
contingente problema di ingovernabilità, oggi si pone come governo
autenticamente politico, del tutto legittimato a governare per un orizzonte
temporale ben più vasto di quello inizialmente indicato. Questo è un fatto interessante. Anche vagamente inquietante, in realtà.
La mia sensazione è che oggi, piuttosto che perdere tempo a parlare della sconfitta berlusconiana, che poi mi pare del tutto marginale, si dovrebbe discutere di quanto nel giro di poco tempo
questo governo abbia aumentato nei fatti i suoi compiti, di come questa
evoluzione sia stata accompagnata da un progressivo addormentamento dell’opinione
pubblica, di come la pacificazione tanto decantata sia in realtà una spaventosa assenza di vivacità intellettuale da parte di una cittadinanza sempre più passiva, di come siamo arrivati a dare per scontato che esistano comitati di
saggi a proporre pacchetti di riforme che solo in apparenza possono essere
spacciate per oggettive e necessarie, di come accettiamo di delegare infinito potere sulla base di uno stato di necessità da
cui non usciamo da tre anni, che allora diventa un periodo di necessità, un
periodo destinato a durare.
E durerà, questo governo,
perché fa comodo e finché farà comodo; perché concede tempo a chi necessita di tempo: alla destra, che promuove le sue
politiche restando libera di svincolarsi al primo momento utile; al
PD, che non aspetta altro che tempo e ancora tempo per evitare di risolvere i
suoi problemi interni e che in nessun modo oggi sarebbe stato in grado di
presentarsi decentemente ad una nuova campagna elettorale. Con quale
segretario? Con quale candidato? Con quale programma? PD che d’altra parte non
si rende conto della morsa in cui si sta stringendo, della sua impossibilità di
azione. Oggi Zanda parlava del governo
Letta come garante dello stato sociale, a proposito di alienazione dalla realtà…
E il Paese dove va? Il Paese di cosa ha bisogno? A sentire Letta sembra
che tutti abbiamo bisogno di lui, cioè della sua presenza, della sua calma
serafica. Io non ne sono affatto convinta. Ma anche questo, in fondo, è poco
interessante.
Il fatto interessante è
che galleggiamo in uno stato di costante carenza democratica. Il rifuggire le
elezioni come se fossero il male radicale è una carenza democratica. Il fatto
che i telegiornali non parlino che di mercati finanziari ogni volta in cui c’è
una minima instabilità politica è una carenza democratica. Il fatto che Letta
sarebbe stato disposto a governare pure se avesse ottenuto la fiducia solo da
una parte di transfughi del PDL è una carenza democratica. E questo è pure un ritorno indietro, alla
Prima repubblica infinita in cui siamo ancora, che oggi si svela dietro il
volto buono dell’uomo con gli occhiali e l’espressione gentile.
Ilaria
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