lunedì 30 settembre 2013

La festa di SEL, il sogno su D'Alema e un lunedì di pioggia


Aprire gli occhi la mattina e sentirsi leggeri e pronti alla giornata non è così ovvio quando Bologna ti accoglie con uno di quei suoi cieli pesanti, grigi, inamovibili. Io oggi mi sono svegliata così, nonostante la pioggia leggera e perseverante che rende inutili i cappucci, gli ombrelli, e ti s’attacca addosso come una seconda pelle. Mi sono svegliata così, dicevo, dopo aver sognato D’Alema in persona tutto preso a spillare delle birre. D’Alema in persona che mi cazziava perché in una birra spillata da me c’era troppa schiuma, e la sottoscritta in persona che gli rispondeva, sorridente ma a tono, “ prenderei anche sul serio questo rimprovero se tu non fossi D’Alema!”. Non so, magari prendersela con D’Alema in sogno e ricordarselo al risveglio è uno di quei fattori che rendono sopportabili la sveglia, la pioggia e tutto il loro corollario di mestizia!

Così me ne sono andata da Maurizio, che è bar e barista, che in nessun modo riesce ad astenersi dall’immancabile consiglio sul cornetto “la pasta salata alla nutella è ottima eh… bada…”e ti mette jazz a prima mattina, ti accoglie nel suo mondo di legno vecchio e di giornali nuovi. Oggi mi tocca il Corriere, che apro al mio tavolino sotto il portico aspettando l’ottimo the al limone che in fondo è un normalissimo the grigio con del normalissimo limone un po’ a pezzi, un po’ spremuto: la specialità della casa. E insomma capita che mentre inizio a leggere l’istituzionalissimo e solitamente moderatissimo, ennesimo editoriale di De Bortoli, avventori al mio fianco dibattono di politica…

“Ah beh ma l’avete sentito Letta da Fazio?”
“E no, io non sapevo ci fosse già Che tempo che fa!”
“Ma perché, tu lo guardi? Con quelle domande lì… ma che significa chiedere Lei che ne pensa dell’epiteto diversamente berlusconiano ?? Ma che domanda è!”
“Hai ragione sai… Ma insomma il governo è caduto”
“No ancora no”
“Ma te dici che cade?”
“Mercoledì vanno a chiedere la fiducia là…”
“Mmm… Ma che poi se cade, cioè non si può fare un’altra cosa tecnica, tu dici che Monti non sarebbe di nuovo disponibile?”
“Ma va… Che poi che se ne vadan tutti, non mi importa.”

E così finì, con l’ultimo commento lapidario, con l’ultima sentenza. Mi alzo dal tavolo e me ne vado, pensando all’indignazione che mi avrebbe colta se avessi ascoltato quella conversazione quando ero un’arzilla diciottenne matricola di scienze politiche, convinta che di politica potessero parlare solo gli addetti ai lavori,  e a quanto oggi quel breve dibattito mi incuriosisca. Mi domando chi siano quelle persone, cosa facciano nella vita, che cosa aveva in mente la ragazza che auspicava un impensabile ritorno di Monti, e chi è l’altro, il disilluso? Chi hanno votato, cosa vogliono? Cosa domandano le persone? E proprio non so se sia stata l’Economia a rendermi più umile o se la placida benevolenza che accompagna i miei passi sia dovuta alla soddisfazione effimera per la risposta a tono al mio D’Alema immaginario. Arrivo a lezione e il tema del giorno è all’incirca riassumibile ne i poteri taumaturgici delle matrici varianze covarianze e mi rendo conto che l’econometria è bella, nonostante l’arida facciata di algebra lineare, nonostante i terribili software, nonostante pure una certa maniacalità teorica.

Insomma sono a lezione, in una giornata oggettivamente brutta, dopo aver ascoltato sconosciuti parlare di politica in un modo oggettivamente un po’ insensato. Fa pure freddo. E nulla mi tange. Dietro questo buonumore ci sarà l’ombra di D’Alema.
O forse è merito di Rob Brezney, autore dell’unico oroscopo al mondo che le persone non si vergognano di consultare. Sarà merito, dico, dei suoi mitici consigli della settimana scorsa, dei suoi compiti per tutti, dei suoi moniti saggi a tratti incomprensibili, sempre un filo catastrofisti ma che poi in fine prendi, se li prendi, un po’ come ti pare. E io stavolta – già – ho messo in pratica l’oroscopo.

E così in fondo è pure merito mio questo particolare buonumore, merito dell’autobus 19 preso dall’altra parte della città, merito di Viale Togliatti, merito della Festa di SEL, dove la musica è un’altra davvero. Sarà merito di un giorno e mezzo di sana e temprante manovalanza, della generosità che scopri in persone sconosciute fino ad un attimo prima, che ti aprono le porte con una naturalezza che in questo presente di corse e di spintoni sembra irreale. Persone che sono singoli e sono comunità e che a vederle così, con la curiosità del tuo sguardo esterno, ti sembrano venute da un posto lontano in cui la solidarietà, la collettività, l’unione di intenti, non sono parole vuote né vecchie ma vivono nelle braccia che sollevano sedie e tagliano cipolle, nei sorrisi che si allargano sulle facce stanche del fine serata, nel lavoro costante che sta dietro la festa e la sua leggerezza, nell’impegno quotidiano. Pochi gesti valgono la stima, valgono pure un ringraziamento per un’esperienza a sé, che in un attimo mi ha spalancato la mente e mi ha regalato un pensiero bello da aggiungere agli altri, quelli che fanno bene nei lunedì di pioggia.

Ilaria